LA DIGITALIZZAZIONE INCONTRA LA SOSTENIBILITÀ NELL’INDUSTRIA DEL CIOCCOLATO: IL CASO ICAM

Ercole: «La vision, la progettualità e i giusti partner consentono di raggiungere gli obiettivi più ambiziosi»

Esiste un punto di sovrapposizione fra sostenibilità e digitalizzazione? E cosa spinge le aziende a esplorare orizzonti nuovi, investendo pesantemente in strutture, processi e persone? Al quarto anno dal primo Bilancio di Sostenibilità e spinti dal 2007 a raddoppiare la propria capacità produttiva per diventare leader del cioccolato biologico, in Icam la sfida dell’innovazione si è tradotta in successo.

«Avevamo l’esigenza – spiega il Direttore della Produzione Antonello Ercole – di progettare una struttura adeguata alle necessità qualitative, di certificazione e di tracciabilità che il mondo ci chiedeva. Il risultato è stato uno stabilimento completamente automatico, che ci ha fatti riconoscere come prima azienda lombarda 4.0».

Con 700 ricette in 3mila tipi di tavolette, 50 qualità di cacao coltivate e una produzione che raggiunge gli scaffali dei cinque continenti, la tracciabilità, la sicurezza e l’attenzione alla qualità garantita con costanza nel tempo, divengono elementi chiave. «Per questo – continua Ercole – abbiamo sviluppato un progetto in collaborazione con Siemens, grazie al quale raccogliamo i dati di processo ogni secondo e siamo in grado di tracciare tutti i nostri lotti produttivi, risalendo fino al grano di cacao e andando a rilevare i parametri di processo».

E se è vero che l’innovazione passa dalle infrastrutture e dagli investimenti, all’aumentare della complessità la persona e le sue competenze diventano fattori chiave, complice la formazione. In Icam si è quindi passati da un conduttore di linea tradizionale a un vero e proprio “pilota”, scelto in base alla scolarità e addestrato in azienda. «Ma prima – aggiunge il Direttore – abbiamo dovuto creare e riconoscere, anche contrattualmente, gli “istruttori dei piloti”, e andare a individuare gli Automation Manager, persone di scolarità elevata, che hanno alle spalle un percorso in Icam e che ne possiedono il know-how. Non sono solo gli investimenti in macchine e building a fare la differenza. In un certo senso, abbiamo voluto trasmettere la passione per il cioccolato a ogni nostro dipendente».

Come tutto questo si leghi con la sostenibilità è dettato dalla natura del prodotto: il cioccolato. Con il suo forte impatto in termini di raccolta e trasporto, richiede una duplice attenzione, dal punto di vista sia dei consumi energetici che della coltivazione. Su quest’ultimo aspetto la partita è stata tutta improntata sul biologico, come illustrato da Ercole: «Abbiamo fatto un vero e proprio accordo con gli agricoltori: insegniamo loro come coltivare riducendo i consumi idrici e azzerando l’impego dei pesticidi. Sappiamo che si tratta di un modo diverso di fare agricoltura, soprattutto in certi Paesi (ad esempio in Uganda gli agricoltori, sotto la nostra guida, sono stati i primi a produrre cacao biologico in Africa), quindi garantiamo all’agricoltore che gli compreremo complessivamente quanto prodotto. Questo patto ci ha consentito di raggiungere risultati davvero interessanti».

Sul fronte consumi, la digitalizzazione gioca a favore di una forte riduzione degli sprechi energetici – ed ecco la sovrapposizione con la sostenibilità. In un processo produttivo come quello del cioccolato che prevede un importante impego del calore nelle fasi iniziali e del freddo in quelle finali, circuiti idrici a circuito chiuso hanno consentito di ridurre a un decimo i consumi d’acqua. Mentre partendo dall’analisi della carbon footprint sono stati individuati i correttivi necessari ad ottimizzare i consumi energetici.

L’ultima frontiera è infine quella del packaging: il 95% degli imballaggi Icam è stato convertito in riciclabile, come nel caso dell’alluminio, o compostabile. «La sfida qui – conclude Ercole – ha riguardato l’individuazione, la scelta e la progettazione delle macchine migliori per i nuovi tipi di materiali.

Con il partner Cama Group abbiamo realizzato linee innovative adatte al cioccolato e alle sue caratteristiche, certamente diverse da quelle degli altri alimenti. Ad esempio, basti pensare che la semplice termosaldatura per realizzare un flowpack nel nostro caso non è nemmeno concepibile, perché il cioccolato si danneggia e quindi siamo ricorsi a tecnologie diverse.

Grazie alla capacità innovativa, a una buona progettualità e a un pizzico di fantasia, ci siamo riusciti. Questo è solo l’inizio di una sostenibilità attiva di filiera che ci ha contraddistinti negli ultimi quattro anni e che rappresenterà la nostra guida per il prossimo futuro».

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